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Come accennavamo nel sommario se è vero che la freddezza e la tempra di un
giocatore esperto si osserva da come riesce ad assorbire le perdite, il carattere di un giocatore alle prime armi
si giudica sicuramente da come regge (o non regge in questo caso) il peso delle proprie puntate,
prima del loro esito: infatti, una volta che il verdetto è stato emesso, il giocatore tende a tranquillizzarsi, mentre
nel momento in cui appoggia le proprie fiches sul tavolo e nei momenti immediatamente successivi, in cui tutti gli altri giocatori
muovono all'impazzata mani e gettoni sul tavolo verde, il suo volto manifesta tutto il nervosismo
e il travaglio che egli si ritrova, suo malgrado, a vivere. Qualcuno ha paragonato il gioco d'azzardo a una droga: Se si vuole proseguire nel paragone, allora si potrà di sicuro dire che il gioco è un tipo di droga che dà assuefazione: infatti l'effetto di una piccola dose (una puntata leggera) è dirompente nel giocatore neofita, ma tende a diminuire man mano che la dose viene assunta, sino a diventare insignificante: giunti a questo punto la dose deve essere necessariamente aumentata se si vuole ottenere lo stesso effetto, e il giocatore si trova suo malgrado trascinato a effettuare puntate via via sempre più alte rispetto a quanto facesse e desiderasse fare all'inizio. E non si riesce più a tornare indietro, se non facendo uso di terapie d'urto. Il gioco, allo stesso modo di una droga, produce dipendenza: se una persona gioca da diverso tempo non riesce a farne a meno, se non a costo di enormi sacrifici. Questa convinzione è così ben radicata nell'animo e nell'immaginario di molti giocatori che questi non tentano neanche di smettere, o quantomeno di regolamentare il proprio gioco, in quanto non lo ritengono affatto possibile. Esiste poi l'esperto giocatore d'azzardo che, dopo una vita passata nelle bische più disparate a forgiare il proprio carattere e il proprio coraggio, un giorno decide di fare il grande salto e di allargare i propri orizzonti. Si avvicina così al grande circo dei casinò e della roulette. Il suo primo impatto con il gioco d'azzardo vero, per tanto tempo solo immaginato e sognato, è sicuramente una cosa che non riuscirà a dimenticare tanto facilmente. Una montagna di soldi che in modo rapidissimo viaggia di mano in mano, con i croupier che con disinvoltura disarmante pagano o rastrellano somme altissime giocate in pochi minuti, somme che per chiunque non vengono guadagnate nemmeno in una vita di lavoro. Un elemento che ci colpisce per questa tipologia di giocatore è l'inconsistenza, a livello psicologico, del singolo gettone rispetto al valore che esso rappresenta: in termini pratici, se costui dovesse depositare sul tavolo le banconote anziché gli anonimi pezzi di plastica, le somme delle giocate sarebbero di gran lunga inferiore, questo perchè il giocatore, al momento di separarsi dalle banconote, proverebbe un istinto assai più forte nel trattenerle, cosa che invece non accade per il gettone. Il nostro protagonista osserva con stupore i giocatori più esperti di lui annunciare con parole misteriose combinazioni complicate. Poi finalmente prende coraggio e, con fare incerto, gioca le prime fiches: la sua prima, grande e rischiosa avventura è ormai cominciata. Ma è veramente indomabile il gioco, o tutto questo invece è da imputare alle nostre ancestrali debolezze di uomini? Molti individui ritengono, secondo noi a torto, che il dominio del gioco sull'uomo o viceversa dipenda unicamente dalle possibilità finanziarie del giocatore. Cioè se il giocatore è abbastanza facoltoso da ammortizzare le perdite avrà il dominio sul proprio gioco, se invece al contrario le perdite saranno tali da indebolire il tenore di vita del giocatore, allora quest'ultimo sarà dominato dal gioco. Riteniamo profondamente errata e incompleta una analisi di questo tipo: non si vuole certo negare l'importanza dell'entità delle somme perdute, ma la conoscenza dei giocatori ci ha portato a concludere che sono veramente pochi coloro che riescono a mantenere la freddezza, la responsabilità e la consapevolezza di sé e delle proprie possibilità nei momenti e nei frangenti difficili. Nei momenti diffcili il giocatore manifesta la tendenza ad essere letteralmente trascinato nel gioco con la speranza di rifarsi in seguito, ignorando completamente il proprio status economico. I freni che trattengono un giocatore e che non lo fanno precipitare nel baratro sono di natura caratteriale e culturale, e non basati sulla ricchezza che egli possiede. La lotta per il dominio sul gioco viene quindi decisa dalle caratteristiche del giocatore, mentre la macchina è sempre uguale a sé stessa. Se il giocatore assomma in sé tutte le doti caratteriali necessarie per conservare, sempre e comunque, il controllo delle proprie azioni e del proprio cervello, allora dominerà il proprio gioco; se al contrario queste doti gli difettano, allora ne sarà dominato. Nel giuoco e nel mondo reale insomma è evidente questa situazione: lo stesso divenire della vita è tale per cui o la domini o ne sei dominato. |